sabato 29 maggio 2010

Rumble tumble

Un gran casino, ecco cos'è il rumble tumble.
Di quelli dai quali non è facile uscire, e che, inevitabilmente, porteranno con loro ferite e strascichi per molto tempo.
Lansdale continua a stupirmi: al quinto romanzo dedicato ai fantastici Hap e Leonard ancora le cartucce che l'autore ha da sparare paiono davvero molte, e sempre in grado di folgorare incondizionatamente il lettore.
Questa volta il vecchio Joe era partito con il freno a mano tirato, quasi riuscendo a trasformare il suo stile narrativo nella condizione esistenziale di Hap, ormai più vicino ai cinquanta che non ai quaranta, forse stanco, come sempre indeciso: ed era così tirato, quel freno, che quasi il dubbio che l'autore non avesse più voglia di continuare è riuscito ad insinuarsi nel sottoscritto, almeno fino al primo, vero confronto fra i due protagonisti.
Un confronto che definisce senza mezzi termini tutto il genio "pane e salame" di Lansdale.
Leonard che riprende Hap per le sue scarsissime doti di "uomo di casa" a proposito di pulizia è qualcosa che ogni scrittore sogna di buttare sulla pagina, un dialogo così fulminante da far venire un infarto a Tarantino, e in grado - ma questa non è certo la prima volta - di rendere il lettore ridicolo agli occhi di chi se lo ritrova in treno a ridere sguaiatamente pensando agli elfi che cambiano i rotoli di carta igienica.
E tutto questo non è che il principio di una vicenda che riporta alla mente il primo romanzo della serie, a metà fra il road movie e una surreale galleria di freaks di provincia rigorosamente made in Texas mossi dal bassoventre, più che dalla testa.
Come lo stesso Hap, ancora una volta al centro di un guaio nato da una donna e destinato, come l'appena citato Una stagione selvaggia, a non finire bene, per il nostro democratico alla ricerca di pony: a cui questa volta non resta davvero nulla di utile per una spiegazione, se non che, effettivamente, nella mente dell'uomo che ripugna le armi e la violenza è forse celato una sorta di controllo imposto di fronte ad una natura che è peggiore di quello che si vorrebbe pensare.
E per la prima volta dall'inizio della loro "saga", anche Hap e Leonard, pur mossi da un intento "nobile", appaiono più simili ai fuorilegge cui danno la caccia che non ai poliziotti che, in altre occasioni, sono stati loro accanto.
Tra una risata e l'altra, la riflessione sull'utilizzo e l'interpretazione della legge che cambia a seconda delle proprie necessità, o di quelle di chi si ama, diviene una riflessione profonda e mai scontata sulla natura totalmente animale di noi esseri umani, dai nani ai giganti mossi da interessi primari che sono sempre infinitamente più semplici di quanto si possa credere.
In qualche modo, questo grosso guaio, richiamando lo spirito del primo romanzo dedicato a questi due sempre sorprendenti protagonisti, riesce a fondere lo stesso con la violenza oscura de Il mambo degli orsi, vero e proprio cambio di marcia e approccio nella vita di Hap e Leonard: questa volta, però, l'oscurità di cui si parla - pur se velatamente, in maniera quasi sotterranea - è tutta loro.
Ed è davvero strano pensare, e non era mai capitato, che si potrebbe aver paura di questi due irresistibili anti eroi.

"There's mud in the water,
roach in the cellar,
bugs in the sugar."
MrFord

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