venerdì 7 maggio 2010

La città verrà distrutta all'alba

Meno male che c'è stato Johnny Cash sui titoli di testa - anche se era già stato usato, e con risultati certamente migliori, da Zack Snyder nel suo L'alba dei morti viventi, restando in tema di remake di pellicole di Romero -.
E anche che ad accompagnare la visione avevo il buon, vecchio Southern Comfort.
Perchè La città verrà distrutta all'alba è una vera schifezza.
E non lo dico con quel fare da snob o di chi se la mena perchè si trastulla con Dreyer e soci, perchè mi ero approcciato a quest'obbrobrio con le migliori intenzioni di intrattenimento: eppure regista, attori e sceneggiatori ce l'hanno messa davvero tutta a spingermi a pregare che durasse il meno possibile, rendendo l'ultima parte del film una lenta agonia in attesa dei titoli di coda.
Dell'ora e ventotto da asilo degli sceneggiatori si salva soltanto il momento - effettivamente ironico, nella sua sconsolata e terribile realtà all'interno della pellicola - dell'esplosione della macchina dei protagonisti in fuga bombardata da un elicottero militare.
Purtroppo i suddetti protagonisti, in quel momento, non stavano trovando riparo all'interno del veicolo.
Questo avrebbe risparmiato i tre quarti d'ora successivi ad ogni spettatore sano di mente, conscio e memore di quello che fece l'ispiratore Romero.
Ma ne ho anche per lui.
Presentato come produttore esecutivo, restano due possibilità ai miei occhi: che la produzione effettiva l'abbia inserito a sua insaputa giusto per sperare di vendere qualche copia in sala in più di questa roba, oppure che l'età stia cominciando inesorabilmente a pesare sul buon senso del "credevo inossidabile" George. Mi fa troppo male pensare che abbia potuto anche solo essere sfiorato dall'idea di scucire mezzo dollaro a questo gruppo di dilettanti.
Se pur non ci troviamo nel campo minato dell'autorialità "alla Martinelli", un brutto film è un brutto film anche quando si tratta di semplice intrattenimento.
Soprattutto perchè questi sono i casi in cui patisco inesorabilmente il minutaggio e la "pesantezza", quasi più di quanto si potrebbe pensare anche del "peggior" Tarkovski.
E in quel caso si parla di uno dei più grandi registi mai vissuti, percui un sacrificio - neanche troppo gravoso - di pazienza si può sempre fare.
Nel caso del signor Breck Eisner - incredibile unione fra "siamo americani, i nostri nomi non significano un cazzo" e il cognome di uno dei più grandi autori di fumetti della storia - io suggerisco di risparmiare i soldi del biglietto - e soprattutto, tempo della vostra giornata - reinvestendoli in un secondo giro di Southern Comfort.
Accompagnati da Johnny Cash, magari.
Così avrete ricreato il meglio di quello che poteva offrirvi questo "film".

"Mental wounds not healing,
life's a bitter shame,
I'm going off the rails on a crazy train!"
MrFord

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