venerdì 21 agosto 2015

American Sniper

Autore: Chris Kyle, Jim DeFelice, Scott McEwan
Origine: USA
Anno: 2012
Editore: Mondadori





La trama (con parole mie): la vita e le imprese militari di Chris Kyle, certificato come il cecchino più letale della Storia dell'Esercito americano, dall'infanzia ed i primi rapporti con le armi al matrimonio, dall'addestramento nei Seal agli assegnamenti in Iraq, fino al progressivo crescere del numero delle sue uccisioni, che lo resero una figura di riferimento per i commilitoni ed un nemico terrificante per i nemici, che arrivarono a soprannominarlo "Il diavolo di Ramadi".
Le opinioni a proposito di Dio, Patria e Famiglia, quelle sulla guerra ed i legami che si formano tra i ragazzi che la combattono, l'attaccamento al dovere e ad una professione scelta con profonda decisione, le posizioni discordanti rispetto agli alti papaveri dell'Esercito, i racconti delle esperienze raccolte in quattro mandati spesi in Iraq come sniper: un racconto impressionante, dolente e terribile ma anche di pancia e decisamente umano per quella che è la più inumana delle condizioni, la guerra.









Ricordo bene l'esperienza a dir poco surreale che furono i tre giorni di visite per l'idoneità a prestare il servizio militare: ragazzi di tutte le estrazioni sociali, livelli di preparazione e cultura, in divisa e non, che passavano fianco a fianco ore di controlli e momenti degni di una commedia grottesca, pronti ad alimentare la mia convinzione che il servizio militare non faceva decisamente per me, giovane pseudo intellettuale ribelle che detestava qualsiasi sfoggio di prepotenza, pur esercitandola a sua volta, seppur in maniera più sottile.
Come se non bastasse, non sono mai stato patriottico, fatta forse eccezione per il senso d'appartenenza stimolato dagli eventi sportivi - in qualsiasi campo - legati alle compagini nazionali, e l'idea di mollare tutto ed andare a morire in nome di un'idea che non ho mai visto concretizzata e rappresentata se non dall'esultanza a seguito dei già citati successi sportivi o da eroi come Falcone e Borsellino è sempre entrata piuttosto in conflitto con la mia passione smodata per la vita.
E se ci fosse ancora qualche dubbio, ammetto che i miei dieci mesi da obiettore di coscienza sono stati, lavorativamente parlando, i più intensi e formativi della mia esistenza, in barba alla costrizione di dover ammettere, ai tempi della leva obbligatoria, di non essere soltanto antimilitarista, ma anche non violento, il che, in caso di denuncia per un reato per l'appunto violento, rischierei il doppio della condanna di una persona "normale" - questo può tornare utile al Cannibale, nel caso in cui un giorno decidessi di andare a rompergli il grugno in una gita a Casale -.
Dunque, direi che con American Sniper, e con Chris Kyle, avrei almeno sulla carta ben poco a che spartire.
Così come temevo di non averne rispetto al film firmato da Clint Eastwood, che acquista valore ulteriore considerata questa autobiografia, avendo opposto alle posizioni del protagonista quelle di alcuni compagni, dei nemici e della famiglia che, probabilmente, sono le rappresentazioni dei dubbi del regista stesso: in questo caso, tra le pagine, assistiamo invece ad una cronaca che è Chris Kyle al cento per cento, e USA al mille per mille.
Nonostante tutto questo, ho trovato American sniper assolutamente coinvolgente ed umano, rappresentazione di pancia - come, del resto, era stata la pellicola - della vita e delle vicende di una persona che, nel corso della sua esistenza, ha compiuto scelte completamente diverse dalle mie fin dall'infanzia ma che, pur partendo da angolazioni e con spirito differenti, mostra di essere sensibile a valori ed emozioni che io stesso trovo fondamentali: e poco importa, dunque, che il senso di patriottismo di Kyle e la sua fede religiosa fervente impregnino le pagine del libro almeno quanto i più che professionali e tecnici resoconti a proposito di tattiche, armi ed approccio alla guerra.
Quello che ho visto in queste pagine è il ritratto di un ragazzo e di un uomo al quale affiderei volentieri la mia vita, un marito ed un padre, un combattente che avrebbe dato tutto per chi amava e voleva proteggere almeno quanto farei io stesso, e per quanto appartenente ad un corpo militare privo di peli sulla lingua rispetto alle critiche mosse, prima ancora che agli oppositori, ai politici pronti a sfruttare la guerra e le vite di chi la combatte per scopi principalmente politici.
Un uomo umile, semplice, diretto e deciso, senza dubbio casinista e fin troppo sicuro di sè, cresciuto nel mito del cowboy che risponde alla forza con la forza, raddrizza le ingiustizie ed uccide i cattivi, disposto a tutto, anche a portare al limite il proprio corpo e rischiare il legame con i propri cari per difendere i compagni al fronte ed uccidere quanti più nemici possibile senza che alcun peso possa restare sulla coscienza.
Mio nonno, lo stesso dei Western e delle prime commedie all'italiana, di John Wayne e Bud Spencer e Terence Hill, è stato carrista nella Seconda Guerra Mondiale, sopravvivendo al siluramento della nave che lo stava portando in Africa e salvandosi dal conflitto praticamente grazie ad una prigionia durata tre anni: mi ha sempre parlato della guerra come della peggiore delle cose, eppure quando capitava che raccontasse qualche aneddoto, finiva sempre per citare il pugno rifilatogli dal tedesco che, al termine del conflitto e della stessa prigionia, aveva cominciato a capire il significato di tutte quelle parolacce, o all'anello che gli aveva lasciato l'amico morto nel naufragio ricordato poco sopra, sempre con gli occhi lucidi.
Il suo modo di raccontare la guerra - non gli ho mai chiesto, sinceramente, se gli fosse capitato di uccidere qualcuno - era lo stesso di Chris Kyle: quello di qualcuno che si è trovato dentro la peggior situazione in cui ci si possa trovare ed ha cercato di portare a casa la pelle, poggiandosi sul legame che si crea inevitabilmente con i compagni di sventura e sull'ironia di alcune situazioni, perfino nel più nero dei pozzi nei quali si può sprofondare.
Certo, mio nonno non era patriottico quanto Chris Kyle, ma come lui era umano.
Come lo sono io.
Che continuo  ad essere lontano dall'idea della Patria prima della Famiglia, ed allergico alle regole della vita militare, ma che senza dubbio, per il carattere che ho sviluppato da allora ad oggi, sceglierei di vivere l'esperienza della leva se potessi tornare indietro a quei tempi.
E che, in guerra oppure no, ucciderei senza battere ciglio se sentissi che le persone che amo sono minacciate in qualche modo.
Da una distanza siderale con un fucile di precisione o a mani nude.
E chiunque fosse a cadere, per me sarebbe solo un numero.
Un numero che significa un istante di vita in più per me e per chi ho intenzione di proteggere.
In fondo, la legge della giungla definisce il nostro essere animali.
Tutti, nessuno escluso.
Chris Kyle ha avuto quantomeno l'onestà, il cuore ed un sacco di palle di ammetterlo senza troppi peli sulla lingua o giri di parole.




MrFord




"Through these fields of destruction
baptisms of fire
I've witnessed your suffering
as the battle raged high
and though they did hurt me so bad
in the fear and alarm
you did not desert me
my brothers in arms."
Dire Straits - "Brothers in arms" - 





14 commenti:

  1. Come ben sai il film mi è piaciuto, ma a piccole dosi. Ma la letture del libro mi è sempre stata ostica anche solo a livello di idee, proprio perché con Kyle ho poco p nulla con cui spartire - limite mio, lo so.

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    1. I limiti sono fatti per essere superati, Jean. Dacci dentro. ;)

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  2. Credo che mi farò bastare la visione del film :P

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  3. Probabilmente mi piacerebbe anche più del film, che mi ho apprezzato a tratti, confrontarsi con un punto di vista diverso dal proprio può essere interessante, anche se non sono proprio uno da vita militare ;-) Cheers!

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    1. Figurati, nemmeno io, considerati i casini che potrei combinare: ma il punto di vista è davvero molto interessante.

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  4. Ce l'ho in casa da un bel pò,il Khal l'aveva letto prima ancora del film e me lo strasponsorizza (oddìo,non che abbiamo proprio gli stessi gusti,riguardo le letture).
    Devo recuperarlo asap!

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    1. Nonostante sia una lettura non proprio in linea con le mie idee, mi ha conquistato quanto il film.
      Sponsorizzo anche io.

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  5. Perché, Chris Kyle sapeva anche scrivere e non solo sparare???

    Chissà perché, ma ho come l'impressione che il 99,9% del lavoro l'abbiano fatto gli altri due autori...

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    1. Secondo me sapeva fare una cosa che io apprezzo sempre, vivere. ;)

      Detto questo, i romanzi dei personaggi pubblici sono sempre in gran parte frutto dei ghost writers! ;)

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  6. Specificando che io il libro non l'ho letto, non sono mai stato tanto in disaccordo con te come in questo caso. Appunto, senza far riferimento al libro e riferendomi solo a quello che dici. A parte il fatto che io, tutt'oggi, sono contentissimo di non aver "subito" il servizio di leva (grazie università)

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    1. Frank, proprio perchè mi piace il confronto e la diversità di opinione costruttiva, vorrei sapere rispetto a cosa, libro a parte, ti sei sentito in disaccordo.

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    2. Ovviamente non si tratta di essere d'accordo o in disaccordo ma di vedere le cose in maniera diversa, Io mi trovo in disaccordo con l'idea "animale" dell'uomo, con l'idea che in certe situazioni (sempre se ho capito quello che volevi dire tu, ovvio) ci porremmo in modo diverso solo per l'idea di proteggere noi stessi e i nostri cari. Non perché non pensi che siamo animali, ma perché credo che un cambio di contesto come sarebbe la nostra vita/la guerra non ci permetterebbe di adattarci allo stesso. Parlo per me: se andassi in guerra, io inserito nel mio contesto attuale, sarei in grado di fare la guerra? Sarei in grado di leggere la situazione nuova in cui mi troverei con la giusta chiave di lettura o la leggerei con quella mia attuale, di uomo in pace?

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    3. Molto interessante il tuo punto di vista: personalmente, sono sempre e sarò sempre contro la guerra, e credo che romanzi come E Johnny prese il fucile andrebbero adottati come modelli nelle scuole, e sono convinto che con un'educazione sociale attenta non sussisterebbe neppure il problema.
      Eppure so bene che, se posto in una condizione estrema - quale è la guerra - non esiterei un secondo, almeno parlando a mente fredda. E' un pò come quando, citando Alive - Sopravvissuti, dico che se mi fossi trovato sulle Ande sopravvissuto all'incidente aereo al secondo giorno io sarei già stato in pole position per mangiarmi prosciutto di cadaveri. ;)

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