sabato 31 agosto 2013

Daylight - Trappola nel tunnel

Regia: Rob Cohen
Origine: USA
Anno: 1996
Durata:
114'




La trama (con parole mie): Kit Latura, ex comandante del servizio di soccorso di New York finito a fare l'autista a seguito di una scelta azzardata che portò alla morte di alcuni membri della sua squadra, si ritrova coinvolto in un pauroso incidente che vede uno dei tunnel che collegano la Grande Mela al Jersey isolato, a rischio di crollo e reso invivibile dai vapori emessi da alcuni rifiuti tossici.
Ignorando ogni autorità e sfruttando solo ed esclusivamente la sua abilità, l'uomo si troverà a lottare per la propria sopravvivenza e la salvezza di uno sparuto gruppo di persone rimaste intrappolate all'interno della pericolante struttura: tra loro il protagonista di un programma tv dedicato all'estremo, un'aspirante drammaturga, uno dei guardiani del tunnel nonchè alcune famiglie ritrovatesi, di colpo, in un vero e proprio inferno.
Non resterà, a quel punto, che affidarsi alla guida di Latura e sperare nel meglio: che, tendenzialmente, quando c'è di mezzo Stallone finisce per arrivare, prima o poi.





Prosegue, con grande goduria per gli occupanti di casa Ford, il recupero progressivo di tutte le pellicole con protagonista il mitico Sly che ancora mancavano di una visione del sottoscritto a seguito della promessa fatta con il Sylvester Stallone Day di ormai quasi due mesi or sono.
Daylight - Trappola nel tunnel, pellicola ad altissimo tasso di tamarraggine che tentò di rinverdire i fasti di cult come Die Hard o Speed trasportandoli nel pieno degli anni novanta - il periodo storicamente più sfortunato per gli action heroes del decennio precedente -, è stata una scoperta assolutamente piacevole, nonchè un esempio perfetto di Stallone d'annata che, seppur lontano dai livelli cult di cose come Over the top, Sorvegliato speciale o Cliffhanger, è riuscito a regalare al sottoscritto - per l'occasione in compagnia del Fordino - quasi due ore di divertimento senza ritegno, nel pieno rispetto di quelli che erano i tempi in cui si consumavano i nastri di vhs come questa godendosela senza fare troppe domande o prestando attenzione alla logica della vicenda, più simile a quella di un cartone animato che di un film adulto.
Un giocattolone, insomma, che fin dal principio ogni spettatore ben sa come andrà a finire e dove andrà a parare, ma che riesce ugualmente a regalare emozioni grazie ad una serie di imprese ovviamente ben oltre l'impossibile del nostro Stallone Italiano per una volta accompagnate da una non completa infallibilità dello stesso - del resto, era già accaduto con il già citato Cliffhanger di osservare la parte umana ed imperfetta dell'eroe Sly -, in grado di riportare alla luce la maggior parte dei superstiti dell'incidente dovendo accettare il fatto di perderne qualcuno, sfruttando di conseguenza anche l'elemento emozionale e strappalacrime - si fa per dire - esercitato sul pubblico.
Detto questo non resta molto da sottolineare se non di accettare Daylight così com'è, gustandoselo come un giro sull'ottovolante o su una di quelle giostre in stile Universal Studios - personalmente mi ha ricordato l'attrazione dedicata a Twister - concedendosi qualche riflessione giusto rispetto al cast, che vede affiancati a Stallone volti più o meno noti del grande e piccolo schermo come la protagonista Amy Brenneman - che i più conosceranno come volto de Il giudice Amy -, il caratterista Dan Hedaya - storico nome del sottobosco di genere soprattutto anni ottanta -, Viggo Mortensen - qui ancora ben lontano dai fasti de Il signore degli anelli o A history of violence - e soprattutto Sage Stallone, accanto a suo padre dopo Rocky V in una delle ultime apparizioni degne di nota - se così si può dire - prima della prematura scomparsa.
Analizzate quelle che potrebbero essere le "questioni tecniche", posso affermare senza alcuna remora di essermi divertito e non poco nell'affrontare un titolo lontano dal decennio favorito dell'action tamarra eppure nello spirito completamente fedele allo stesso, sguaiato nella regia ed implausibile nello script eppure perfetto per qualsiasi stagione: in fondo, questo tipo di pellicole non chiede nulla in cambio se non di lasciarsi tutto alle spalle e partecipare alla festa senza fare troppe domande o questioni sulla qualità degli alcolici che vengono serviti.
Ci si riempie il bicchiere e ci si butta nell'occhio del ciclone: ed è così che nascono gli eroi.
Soprattutto quelli action.


MrFord


"I got that tunnel vision, for you
I got that tunnel vision, for you
I got that tunnel vision, for you
I got that tunnel vision, I only see you."
Justin Timberlake - "Tunnel vision" - 


venerdì 30 agosto 2013

Tango&Cash

Regia: Andrey Konchalowskiy
Origine: USA
Anno: 1989
Durata:
104'




La trama (con parole mie): Ray Tango e Gabe Cash sono i due poliziotti più tosti di Los Angeles, vera e propria spina nel fianco della criminalità organizzata.
Quando i boss della città si riuniscono per decidere come affrontarli, il diabolico Perret propone un piano che veda i due sbirri disonorati ed accusati di omicidio, nonchè trasferiti in una prigione di massima sicurezza completamente corrotta ed in mano agli uomini sul loro libro paga.
Evidentemente il suddetto non doveva aver ben considerato che dall'altra parte della barricata aveva due pezzi da novanta del calibro di Sylvester Stallone e Kurt Russell, e che il destino della sua macchinazione e dell'organizzazione messa in piedi al suo comando erano segnati fin dall'ideazione del piano.
I due eroi, infatti, si troveranno non soltanto ad evadere dalla struttura di detenzione, ma a trovare il modo di ripresentarsi armati di tutto punto - e di prove che li scagionino - proprio alla sua corte.





Questa dev'essere, in qualche modo, l'estate del replay, qui al Saloon.
Dopo Grosso guaio a Chinatown e Point break, infatti, ripropongo in una nuova veste una delle prime recensioni comparse sul blog, quel Tango&Cash cult inarrivabile di casa Ford fin dai tempi della mia infanzia, quando con mio fratello ci spartivamo le parti nei film - in questo caso, lo ricordo bene, ero Cash, un nome ed una garanzia -, tornato per deliziare anche la cornice di coppia nel primo ultimo dell'anno festeggiato con Julez, e ad ogni occasione rispolverato con gioia in dvd o se ritrovato in tv.
Anche in questo caso - un pò perchè ne ho già parlato, un pò perchè con alcuni titoli è davvero difficile - mi ritrovo a non avere alcuna voglia di esaminare il film in sè - impossibile non constatare la sua bassissima qualità, legata anche al forfait che Konchalovskiy, troppo pressato dalla produzione, diede non appena iniziate le riprese -, quanto più che altro il suo valore affettivo, i ricordi legati ad esso, il fatto che penso di poterlo recitare neanche avessi preso parte alle sua realizzazione e non ultimo la celebrazione di due veri e propri miti dell'action come purtroppo se ne incontrano sempre meno, il vecchio Sly e l'arcigno Kurt Russell.
Come se non bastasse, la programmazione di questo post cade proprio nel giorno del compleanno di mio fratello, il primo che con me condivise la gioia che pellicole come questa sono in grado di regalare allo spettatore in grado di liberarsi dal giogo del radicalchicchismo e godersi confronti impareggiabili come quelli tra Tango ed il suo criminale preferito - soprannominato Conan non a caso - o sequenze come il massaggio della sorella del suddetto - che riconosceranno i fan di Desperate Housewives - a Cash, con tanto di doppi sensi a catena neanche ci si trovasse nel ritornello di una canzone dei Kiss.
Ma questa è soltanto la punta dell'iceberg, e dal mitico FOLA alla sequenza nella doccia - assolutamente ed estremamente omofoba ed offensiva, vista con la sensibilità odierna - passando attraverso la smorfia da finto pazzo maniaco di Sly in procinto di far saltare la testa di Coda di cavallo Tango&Cash rappresenta una delle miniere più ricche di tamarraggine e perle indiscutibili dell'intera storia dell'action e non solo, che continuerò a godermi e difendere da qui all'eternità, fiero di amare alla follia un giocattolone sguaiato e scombinato come questo, coltivando la speranza che un giorno, anche il Fordino possa farsi quattro risate accanto al suo vecchio guardando una porcatona come questa.




Tango&Cash, ed ogni sua visione, sono lo slogan perfetto di quella nota pubblicità legata ad una carta di credito: non hanno assolutamente prezzo.
In tutto questo, tanti auguri, Brotha.
E mille di queste visioni.
Dal canto mio, non me le farò mancare di certo.
Perchè qui al Saloon, Sly e soci sono sempre di casa.


MrFord


"Came in from the city walked into the door
I turned around when I heard the sound of footsteps on the floor
love just like addiction now I'm hooked on you
I need some time to get it right
your love gonna see me through
can't stop now don't you know I ain't never gonna let you go."
Yazoo - "Don't go" - 



giovedì 29 agosto 2013

Thursday's child


La trama (con parole mie): con agosto ormai vicino ai titoli di coda cominciano a delinearsi settimane più dense ed almeno sulla carta ricche di proposte interessanti. Quante di queste, però, si riveleranno all'altezza delle aspettative? E il Cannibale, dopo anni passati a spararle sempre più grosse, riuscirà finalmente a dare un contegno a se stesso e al proprio ego smisurato?
Quest'ultima ipotesi mi pare decisamente fantascienza, dunque potenzialmente intonata al weekend che ci aspetta in sala.

"Mi pare quasi di leggere Pensieri Cannibali o di vedere un film di Malick: una bella cornice con niente dentro."

Elysium di Neill Blomkamp


Il consiglio di Ford: Neill Blomkamp. Quello di District 9. E dovrebbe bastare così.
Senza dubbio uno dei titoli più attesi di fine estate e dell'anno.
Neill Blomkamp, autore del prodigioso District 9, torna ad esplorare la fantascienza con una nuova riflessione politica che dal futuro finisce per applicarsi più che bene anche al presente.
Cast da grandi occasioni ed aspettative altissime per quello che potrebbe essere lo sci-fi numero uno del duemilatredici, nonchè uno di quei pochi titoli in grado di mettere d'accordo perfino il sottoscritto e quel gamberone del Cannibale.
Il consiglio di Cannibal: Elysium per noi, Valium per Ford
Che figata era, District 9?
È stato uno dei pochi film sci-fi in grado di esaltarmi davvero negli ultimi anni. In mezzo a tante porcherie tutte effetti speciali e zero idee, svettava alla grande e proponeva un cinema fantascientifico nuovo e diverso dal solito. Correva l’anno 2009 e da allora il cinema di genere ci ha regalato ben poche altre soddisfazioni. Adesso il regista di quel film, il sudafricano Neill Blomkamp, torna in pompa magna con una superproduzione, i due divi Matt Damon e Jodie Foster e un sacco di costosi effetti speciali. Avrà mantenuto anche idee e originalità?
Questo è già più difficile e, per quanto possa dare fiducia al talentuoso Blomkamp, ho paura che la delusione possa essere dietro l’angolo.
Comunque sempre meglio avere la delusione, che un Ford dietro l’angolo.

"Questo è Pensieri Cannibali, lo conosci?" "Certo, sul nostro pianeta è vietato da tempo!"

In Trance di Danny Boyle


Il consiglio di Ford: per poter dare dei consigli come quelli di Peppa Kid, bisogna proprio essere in trance!
Torna sul grande schermo l'ex alternativo ed ormai popolarissimo Danny Boyle, regista cui è sempre mancato il guizzo in grado di fare la differenza ma che negli anni è riuscito a sfornare moltissimi titoli sicuramente interessanti, dal cult Trainspotting a 28 giorni dopo, da The millionaire a Sunshine.
In trance pare inserirsi nel filone thriller che il regista anglosassone di norma sa ben gestire: sarà l'ennesimo colpo messo a segno dal vecchio leone prima del tanto vociferato sequel del già citato Trainspotting, o un fuoco di paglia?
La risposta nella recensione fordiana, in arrivo a brevissimo.
Il consiglio di Cannibal: leggendo Ford, si cade in Trance. Con questo film uguale
In attesa di scoprire se Elysium possa risultare una delusione o meno, di certo In Trance è stato parecchio diludente, almeno per me. Il nuovo film di Danny Boyle, regista discontinuo ma che in passato ci ha regalato una perla come Trainspotting, è un thrillerino che parte bene, poi annoia, e nel finale si rivela addirittura una discreta cazzata. Colpa anche di una poco felice scelta di casting: d’altra parte quando si mette al centro della vicenda Rosario Dawson, attrice cagna come poche altre in circolazione che qui offre una splendida prova di pessima recitazione, è difficile tirare fuori un capolavoro. Davvero un peccato, perché all’inizio sembra essere un thriller avvincente, ma poi finisce per esere un’insipida fordianata.
Recensione cannibale in arrivo a breve.

"Devo avvisare Cannibal: Ford è sulla strada per Casale, e non sembra di buon umore!"

Royal Affair di Nikolaj Arcel


Il consiglio di Ford: un film "royale".
Candidato all'Oscar per il miglior film straniero a febbraio, giunge inaspettatamente in Italia il film che avrei molto volentieri premiato con la statuetta, in bilico tra Barry Lyndon, Ritratto di signora e Lezioni di piano. Un viaggio nell'illuminismo danese che porta sullo schermo il confronto tra mente e cuore vissuto da tre figure chiave del progresso della stessa Danimarca, tra i Paesi più avanzati da sempre rispetto alla libertà di pensiero.
Doveste scegliere un film non dico della settimana, ma del mese, dev'essere questo.
Il consiglio di Cannibal: meglio del Royal Baby
Con i soliti tempi da lumaca fordiana, ecco che la distribuzione italiana si sveglia e decide di distribuire uno dei migliori film in costume recenti. Nominato agli Oscar, ottimamente recitato, con splendide atmosfere, non è il capolavoro totale che qualche iper-entusiasta alla Ford cercherà di spacciarvi, però è meritevole di una visione. Dopo il Royal Baby, ecco a voi Royal Affair, già recensito dal solo e unico Cannibal Kid qui: http://pensiericannibali.blogspot.it/2013/02/a-mc-royal-affair-deluxe.html.

"Qui c'è scritto che Ford è in viaggio verso Casale." "Non vorrei proprio essere nei panni di Cannibal Kid."

Una canzone per Marion di Paul Andrew Williams


Il consiglio di Ford: una canzone per Cannibal. Vaffanculo.
Di norma non sono maldisposto rispetto alle commedie dolciamare di stampo anglosassone come questa, che tra le altre cose può contare sull'apporto di un mostro sacro come Terence Stamp, eppure ho come l'impressione che ci troveremo di fronte ad una mezza sòla nello stile del recente Paulette, che prometteva faville ed invece si è rivelato un fuoco di paglia.
Comunque penso che una visione la concederò, non fosse altro perchè A royal affair è già passato da queste parti.
Il consiglio di Cannibal: una canzone per Ford? Di certo una di Justin Bieber XD
Lo dico col cuore in mano: mi è proprio piaciuto questo film. Una pellicola che sa essere strappalacrime, ma non stracciapalle, grazie a una buona dose di british humour e a un protagonista cattivissimo, interpretato da quella faccia da villain di Terence Stamp. In più c’è Gemma Arterton, e scusate se è poco.
Una piacevole sorpresa made in UK, insomma, assolutamente consigliato persino ai vecchietti come Ford ed entro breve vi beccate pure la mia recensione.

Una foto di gruppo dei compagni di casa di riposo di Ford.

Shadowhunters – Città di ossa di Harald Zwart


Il consiglio di Ford: dopo una settimana di allenamenti con il sottoscritto, del Cannibale non rimarrebbero neanche le ossa!
Questo mi pare proprio uno di quei filmetti d'atmosfera teen in grado di fare andare in brodo di giuggiole Katniss Kid, che in attesa del nuovo Hunger Games dovrà scaldare i motori con robetta simil-Buffy come questa.
Io, che ormai ho una certa età, penso che ci metterò le mani sopra soltanto nel caso in cui mi trovassi in astinenza da bottigliate.
Il consiglio di Cannibal: Casale Monferrato – Città di merda
Un nuovo best-seller teen fantasy diventa pellicola e, con esso, i peggiori incubi di Ford diventano realtà. Io invece, da buon bimbominkia quale sono, questi filmetti non li disdegno affatto. So già che sarà ‘na cagata epica, però il misto tra storiella adolescenziale e componente trash-fantasy si lascia sempre guardare. Se non altro perché qualche risata involontaria, si veda la saga di Twilight, la dovrebbe regalare. E poi nel cast, oltre alla sopraccigliosa protagonista Lily Collins, c’è anche l’ex Misfits Robert Sheehan e insomma io a lui continuo a volergli bene. E a Ford continuo a volergli male, soprattutto quando vaneggia contro Buffy, universalmente riconosciuta come una delle serie più importanti e rivoluzionarie nella storia della tv.

"Cannibal Kid, libera la blogosfera dalla tua presenza, te lo ordino!"

Foxfire – Ragazze cattive di Laurent Cantet


Il consiglio di Ford: ragazze cattive? Saranno le amiche di Katniss Kid!
Se avessi letto la trama di questo film senza approfondire ulteriormente, avrei probabilmente finito per liquidare il consiglio in un paio di righe e senza preoccuparmi troppo.
Invece la cornice molto operaia, l'idea della critica al sogno americano e la firma illustre di Cantet mi portano a pensare che, forse, potremmo trovarci di fronte ad una sorta di perla nascosta della settimana, nonché di una sorpresa in grado di farci iniziare bene la nuova stagione cinematografica.
Speriamo solo di non essere delusi: anche perchè sto conservando le bottigliate migliori per la prossima Blog War.
Il consiglio di Cannibal: Fordfire – Ragazza cattiva
E se questo fosse il filmone della settimana, in una settimana finalmente ricca di proposte degne di visione?
Ho come l’impressione che il Laurent Cantet, già autore della Palma d’Oro La classe, film che aveva messo d’accordo in positivo me e Ford, abbia tirato fuori una nuova bella bomba.
Tratto dal romanzo Ragazze cattive di Joyce Carol Oates, ambientato negli USA ma con produzione e cast perlopiù francesi, questo Foxfire potrebbe rivelarsi uno Spring Breakers versione anni ’50. Se non si era capito, io su questo film punto fortissimo, alla faccia dei dubbi di Ford che, come già capitato con il citato Spring Breakers, dovrà ricredersi!

"Che palle di libro, questo L'ultima estate di Joan e altri racconti! Ma chi l'ha scritto, il Cannibale!?"

Comic Movie di Registi vari


Il consiglio di Ford: è già una comica leggere i consigli del Cannibale, non serve un film!
Titolo sfaccettato e frutto della collaborazione di una miriade di attori e registi americani realizzato nello spirito della comicità anni settanta: ammetto di essere attratto dalla quantità di nomi presenti, e che probabilmente la curiosità vincerà e mi ritroverò a recuperarlo, ma le speranze che nutro di assistere ad uno spettacolo davvero valido - almeno nella sua interezza - sono poche.
Se poi dovessi essere contraddetto, tanto meglio.
Il consiglio di Cannibal: mi sa che sarà un poco comic movie
Per chi se lo stesse chiedendo, come Ford, immagino, Registi vari non è il nome di un nuovo fenomenale regista, ma significa solo che questa pellicola è stata diretta da più registi. Si tratta di un film a episodi, con un cast ricco di stelle che però dubito riescano a illuminare una robetta che da parecchio giace in un angolino del mio hard-disk. Dove resterà fino a che non prevarrà la curiosità di vedere se Comic Movie è davvero al livello dei cinepanettoni, come si dice in giro, o possa addirittura essere peggio. Prima o poi credo quindi che cederò e gli darò una possibilità. L’attrazione per il trash d’altra parte è troppo forte. Conduco una rubrica insieme a Ford mica per niente…

"Cannibal, prova a spararne un'altra delle tue e vedi dove ti finisce questo!"

La variabile umana di Bruno Oliviero


Il consiglio di Ford: la variabile non umana, quella di Peppa Kid.
Altro film italiano forse non pessimo come quelli cui siamo ormai abituati ma certamente non abbastanza interessante da spingermi ad una visione, specie se inserito in una settimana in cui le uscite "straniere" sono decisamente più interessanti - anche se, ormai, per essere più interessante di una proposta made in Terra dei cachi basta davvero poco -.
Il consiglio di Cannibal: Ford – La belva umana
Dopo tanti film dal buon potenziale, ecco una quasi assicurata schifezza umana, in arrivo naturalmente dall’Italia. Già il trailer accompagnato da una canzone di Gianna Nannini sembra uno spot del PD, figuriamoci il film completo. Ormai mi viene l’ansia al solo pensiero (cannibale) di dovermi sorbire una pellicola italiana. Come siamo arrivati a questo punto? E come siamo arrivati al punto che Ford infesta il mio blog una volta a settimana con le sue opinioni bislacche?

"Sei in arresto per aver guidato come Ford!"

Infancia clandestina di Benjamín Ávila


Il consiglio di Ford: l'infancia del Cannibale pare non avere fine.
Trascinato dall'aura autoriale di A royal affair, finisco per tuffarmi a capofitto anche in questo Infancia clandestina, del quale conosco poco ma che tocca un argomento che da sempre affascina il sottoscritto rispetto alle tragedie sociali del novecento: la questione argentina, tra desaparecidos e dittatura.
Basato su una storia vera, questo titolo dovrebbe portarci agli anni bui del tempo attraverso gli occhi di un bambino: probabilmente sarà troppo realistico e profondo per il mio rivale, dunque mi sento di consigliarvelo anche per lui.
Il consiglio di Cannibal: visione clandestina
Pellicola ambientata nell’Argentina del 1979 che ci racconta dell’infanzia da clandestino di un ragazzino.
Buone le intenzioni, per di più si tratta di un film ispirato a una storia vera, però al momento, con questa afa estiva, mi sa troppo di mattone impegnato di quelli che possono anche esaltare il mio rivale Ford, ma che io non ce la faccio a reggere. Non ora. Rimandato a settembre, quando poi sarà rimandato all’inverno, quando poi sarà rimandato al 2014, quando poi sarà rimandato al 2000 e credici, quando poi sarà rimandato al 2000 e mai…

"Non ti preoccupare, era solo un brutto sogno: Peppa Kid non esiste!"

Starbuck – 533 figli e non saperlo di Ken Scott


Il consiglio di Ford: Cannibal, io sono tuo padre! Ahahahahah!
Chiudiamo la prima grande carrellata della nuova stagione con una commedia canadese di stampo chiaramente transalpino che, considerato il resto delle proposte, finisce inevitabilmente in fondo alla lista senza troppi rimorsi.
In un weekend in cui è possibile scegliere tra Boyle, Blomkamp, Cantet e Arcel, sinceramente avrete di meglio da fare.
Il consiglio di Cannibal: Ford – 1 figlio e sono cavoli suoi (di suo figlio, intendo)
La storia di un uomo che ha fatto il donatore di sperma e poi un giorno si ritrova con centinaia di figli che vogliono rintracciarlo, desiderosi di conoscere l’identità del loro padre biologico. Dal Canada, arriva una pellicola che parte da uno spunto davvero sburrante e che potrebbe rivelarsi una delle commedie più simpatiche dell’anno. Speriamo…
Quando invece il Fordino si renderà conto che suo padre è l’autore di uno dei più spaventosi siti Internet italiani, lì saremo dalle parti del dramma, altroché commedia.

"Con questo stile sto cercando di imitare Ford, ma non sono ancora abbastanza tamarro!"

mercoledì 28 agosto 2013

Unbreakable

Regia: M. Night Shyamalan
Origine: USA
Anno: 2000
Durata: 106'




La trama (con parole mie): David Dunn, una guardia di sicurezza alle prese con la possibile separazione dalla moglie ed una tristezza che pare non lasciarlo mai, sopravvive miracolosamente ad un disastro ferroviario dal quale, unico tra i passeggeri del treno coinvolto nell'incidente, esce illeso. A seguito dell'evento si interessa a lui Elijah Price, appassionato di fumetti e proprietario di una galleria d'arte affetto da una malattia che fin dai tempi della sua giovinezza gli è valsa l'appellativo di "uomo di vetro" a causa della facilità con la quale le sue ossa finiscono per spezzarsi.
Price è convinto che Dunn, inconsapevole, sia nato con dei "poteri" che lo rendono un guardiano del bene, e spinge l'uomo a verificare in quali occasioni, nel corso della sua vita, si sia in qualche modo ferito, o sia stato malato: quando i dubbi di Elijah cominciano a farsi strada anche nella mente di David, inizia per quest'ultimo una nuova fase della vita.




E' incredibile quanto i tempi siano cambiati, per M. Night Shyamalan.
Alle soglie del nuovo millennio, infatti, questo autore dal nome curioso era sulla bocca di tutti grazie all'ottimo esordio con Il sesto senso, che di fatto gli aprì le porte del giro che conta e lo condusse ad un atto secondo della sua filmografia che, seppur non all'altezza del primo ed in parte contestato dalla critica, si rivelò un valido esperimento nel fantasy moderno e rispetto al genere supereroistico, che di lì a poco sarebbe esploso con il primo film della trilogia di Spider Man firmata da Sam Raimi: quei tempi, come ben sa chi ha avuto la sfortuna di vedere robaccia come L'ultimo dominatore dell'aria o il più recente After Earth, ormai, sono finiti, e dunque parlando del buon M. Night si è costretti a rifugiarsi nella casualità di incrociare, in tv, frammenti del suo passato come il qui presente Unbreakable.
Onestamente, ricordo che quando lo vidi per la prima volta rimasi piacevolmente sorpreso dall'idea che Shyamalan ebbe rispetto al modo di affrontare la figura del supereroe: partendo, infatti, da un intrigo nello stile collaudato del già citato Il sesto senso - con tanto di protagonista in comune, il sempre mitico Brus Uillis, ed un rapporto padre/figlio in primo piano -, il regista analizzò il tema della nemesi e dello scontro Bene/Male anticipando, di fatto, quello che Tarantino avrebbe sviluppato nel faccia a faccia decisivo tra la Sposa e Bill in Kill Bill Vol. 2, ribaltando il concetto classico dello scontro tra eroe e villain e trasformando lo stesso in una sorta di rapporto simbiotico secondo il quale non esiste uno senza l'altro.
Rivedere questo film a distanza di una decina d'anni buona non ha cambiato quella che era stata la prima impressione, ovvero che si trattasse di un lavoro dignitoso dai ritmi forse un pò troppo dilatati ma dalle idee interessanti, giocato più sull'attesa che sull'effettiva azione pronta ad esplodere nel salvataggio dei due ragazzini tenuti prigionieri dal serial killer individuato da David in quella che è, senza dubbio, la sequenza più efficace e carica dell'intero lavoro: certo, gli appassionati di fumetti riusciranno con una maggiore facilità ad inserirsi nel concetto espresso dal film - oltre che a farsi affascinare dalle decine di albi disseminati alle spalle di Elijah in più di un'occasione -, eppure l'idea di modificare il classico concetto del "buono" che si ritrova a dover scovare e cacciare il nemico numero uno ribaltata in una febbrile ricerca - dal prezzo sconvolgentemente alto - del malvagio disperatamente bisognoso di una nemesi per poter dare un significato alla sua vita e alla sua maledizione - un pò come intese Stan Lee rispetto ai "supereroi con superproblemi" che rivoluzionarono il genere tra gli anni sessanta e settanta - è interessante ed ai tempi certamente non sdoganata come ora, dal meraviglioso Joker di Heath Ledger al Loki made in Marvel, fino al Khan dell'ultimo Star Trek, anche se in questo caso si esce almeno in parte dal seminato del fumetto.
Credibili, tutto sommato, anche i due protagonisti, nonostante Bruce Willis ricalchi di molto le tracce lasciate da Il sesto senso e Samuel Jackson si prodighi a fare il Samuel Jackson, pur imprigionato in un charachter molto meno "fisico" - almeno da un certo punto di vista - di quelli cui l'attore afroamericano ci ha abituati dai tempi di Pulp fiction.
Una piacevole riscoperta, dunque, che mi ha riportato alla mente i tempi in cui guardare un film targato Shyamalan era un discreto piacere e non una potenziale tortura: che il regista abbia trovato, con il tempo, la sua peggiore nemesi in se stesso?


MrFord


"We gotta stay tuned
cuz there's more to see (Unbreakable)
through the technical difficulties (Unbreakable)
we might have to take a break
but ya'll know we'll be back next week
I'm singing this love is unbreakable
oh yeah yeah..."
Alicia Keys - "Unbreakable" -



martedì 27 agosto 2013

Mad Men - Stagione 3

Produzione: AMC
Origine: USA
Anno: 2009
Episodi: 12




La trama (con parole mie): la Sterling Cooper attraversa una nuova fase della sua esistenza legata alla partnership istituita con i soci inglesi entrati a far parte dell'esecutivo, pronti a far ridurre i costi ed inserire figure e competenze nuove in modo da snellire l'agenzia e riproporla in una nuova e più allettante forma per la vendita all'insaputa dei suoi stessi dirigenti. Nel frattempo gli account vivono momenti di grande competizione - come Pete Campbell e Ken Cosgrove - per un posto in primo piano ed altri di affermazione più privata che lavorativa - l'ex segretaria Peggy Olson -, e Don Draper si trova a dover fronteggiare non soltanto la nuova dimensione lavorativa ed il rapporto con l'eccentrico milionario Hilton, ma anche due crisi in famiglia legate l'una all'arrivo in casa sua del suocero e l'altra alla scoperta della moglie Betty del suo vero nome e del passato che l'uomo tiene tanto a lasciare nascosto.
Il tutto mentre un cambiamento a dir poco epocale sta per avvenire a seguito di uno degli eventi più traumatici della Storia degli USA: l'assassinio di Kennedy.





Nel panorama delle serie televisive degli ultimi quindici anni, senza dubbio Mad Men figura come uno dei nomi di spicco per quanto riguarda la qualità e lo stile della proposta, l'eleganza e la ricchezza della messa in scena e della narrazione, il fascino della cornice e la quantità quasi incredibile di premi raccolti. Eppure Mad Men è anche una visione decisamente poco simpatica, empaticamente lontana anni luce dai suoi spettatori almeno quanto il suo indiscusso protagonista, Don Draper.
Enigmatico e distante, l'impeccabile Draper - che unisce allo charme da 007 la sicurezza dello squalo della finanza - è il simbolo perfetto di un serial apparentemente senz'anima eppure in grado di stregare neanche ci si trovasse nel pieno di una seduta d'ipnosi a seguire le vicissitudini dei suoi protagonisti, alla scoperta di un'epoca ormai lontana e legata ad un passato quasi remoto per le nostre generazioni eppure rappresentata con una tale profonda modernità da far quasi pensare al futuro.
Con questa terza annata si può pensare che le vicende degli account e dei dirigenti della Sterling Cooper abbiano raggiunto la maturità della struttura, consegnando al proprio pubblico, di fatto, la stagione più completa fino a questo momento passata sugli schermi di casa Ford, in grado di unire l'indagine interiore del protagonista come fu per la prima ed alcuni viaggi nel tempo nella New York di allora - e non solo - come per la seconda: in particolare, il rapporto con il suocero e lo scontro con la moglie Betty a seguito della scoperta della "doppia identità" di Don di quest'ultima rappresentano senza dubbio i momenti più forti mostrati nei dodici episodi, mentre dall'altra parte si passa dalle "vacanze romane" in pieno stile Hilton alla grottesca ed esilarante festa in onore dei soci inglesi finita nel sangue grazie ad un trattore imbizzarrito, senza contare la splendida chiusura di annata legata a doppio filo all'attentato che costò la vita a JFK, uno degli avvenimenti più funesti e sconvolgenti della Storia degli States, giustamente considerato "la fine di un'era" e trampolino per una quarta stagione che, nonostante l'odio e l'antipatia di Julez per questo titolo, aumenta l'hype in attesa del suo passaggio dalle parti del Saloon.
La cosa più interessante di questo terzo giro di giostra per i nostri pubblicitari rampanti è stata senza dubbio l'apparente frammentarietà della narrazione - al contrario soprattutto della prima stagione, nel corso di questi dodici episodi è raro assistere ad una riunione creativa in cui siano presenti tutti i nomi di spicco del cast - rivelatasi, di fatto, un perfetto mosaico di caratteri, storie ed identità alla ricerca di una strada che porti nel futuro, una sorta di confronto tra la realtà ed i sogni in grado di smussare gli angoli perfino di charachters non proprio positivi come Pete Campbell o mostrare tutti gli attributi di altri, come la dirompente - in tutti i sensi - Joan di Christina Hendricks, che personalmente non vedo l'ora di rivedere tra le scrivanie della Sterling Cooper.
Personalmente credo che non amerò mai alla follia questo titolo, e che lo stesso non riuscirà neppure nelle sue annate migliori a conquistarmi il cuore quanto Breaking bad, Lost o Six feet under, eppure tra le righe della sua perfetta composizione mi pare di rivedere la perfezione che fu il tratto distintivo de I Soprano, nonchè la capacità di riuscire ad ammaliare pur essendo decisamente lontano dal vero coinvolgimento emotivo: in un certo senso, Mad Men è come una modella da copertina.
Non potresti mai uscirci perchè potrebbe rivelarsi un'agghiacciante figa di legno, eppure non riesci a fare a meno di fare fantasie su di lei ad ogni occhiata.


MrFord


"I've got you under my skin.
I've got you deep in the heart of me.
So deep in my heart that you're really a part of me.
I've got you under my skin.
I'd tried so not to give in."
Frank Sinatra - "I've got you under my skin" - 



lunedì 26 agosto 2013

Monsters University

Regia: Dan Scanlon
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 104'




La trama (con parole mie): James Sullivan e Mike Wazowski, prima di diventare un team perfetto di spaventatore e trainer e prima di salvare la Monsters&Co., erano due matricole alla Monsters University, sogno del secondo fin dall'infanzia: ma mentre Sulley, grazie alla stazza e al nome - suo padre fu un famoso spaventatore - pareva avere la strada già spianata, per Mike le cose erano un tantino più complicate.
Per poter giungere ad un risultato importante, infatti, il monocolo verde è costretto a studiare ed applicarsi come il suo grande e grosso rivale non si sogna neppure di fare, finendo per alimentare una sorta di sfida a distanza pronta a portare solo ed esclusivamente guai: quando la loro permanenza all'università è messa in discussione, i due dovranno trovare gli stimoli giusti per allearsi e cercare di raggiungere comunque il successo.





L'argomento sequel - o prequel, che dir si voglia - è sempre piuttosto spinoso per qualsiasi franchise o titolo, soprattutto se gli stessi risultano validi ed interessanti: per quanto sia nota a tutti la magia di cui i Pixar Studios sono capaci, l'idea di un ritorno ai personaggi di Mike e Sulley, protagonisti di quel Capolavoro che fu Monsters&Co., ad oggi forse - con Up! - il mio preferito di questa ex costola Disney ormai divenuta più potente - dal punto di vista artistico - della sua casa madre, probabilmente legato ad interessi economici e di merchandise, non mi metteva esattamente dell'umore da salti di gioia.
Ho dunque approcciato Monsters University con i cosiddetti piedi di piombo, abbassando le aspettative e tenendo come riferimento più Cars 2 - unica, vera, grande delusione pixariana - che non il già citato primo capitolo delle avventure dei nostri due irresistibili mostri: probabilmente è stata una scelta saggia, perchè per quanto evidentemente non all'altezza del precedente capitolo, Monsters University ha costituito una visione divertente e leggera ma ugualmente emozionante e profonda, in grado di coinvolgere e ben disporre i grandi così come i piccini regalando momenti di assoluto e coloratissimo divertimento - una specie di Animal house in versione cartoon - ed un sottotesto decisamente non banale o buonista.
In questo senso, ho apprezzato davvero molto la gestione dei personaggi orchestrata dalla Pixar - rappresentata, in questo caso, da Dan Scanlon alla regia -, dal rapporto di amicizia che lega, inizialmente, più Mike e Randall - nemesi ufficiale di Monsters&Co. - che non lo stesso Mike e Sulley alla mossa certo non pulita che il buon Sulley orchestra - pur se a fin di bene - in modo che l'incontenibile Wazowski possa non uscire sconfitto dai giochi organizzati nel campus dell'università.
Il tutto senza contare una morale in grado di offrire numerosi spunti di riflessione - "Tu non sei spaventoso per nulla, ma non hai paura di niente" - ed una struttura che ha riportato alla mente del sottoscritto il ben riuscito Ralph Spaccatutto, probabilmente il più pixariano film Disney mai uscito insieme a Bolt.
Altro ottimo spunto è costituito dall'esempio tutto a stelle e strisce del "self-made", pronto a farsi il culo in tutto e per tutto e conscio che, prima o poi, quello stesso culo fatto e strafatto porterà ad un qualche risultato importante: sfruttando la travolgente simpatia di Mike Wazowski, perfino qualcosa di così born in the USA risulta interessante e decisamente più costruttivo del classico climax da favola grazie al quale il buono alla fine vince e tutti vivono felici e contenti: in questo caso, infatti, così come non è detto che il buono vinca - o che lo faccia scoprendo doti prima mai pervenute -, è anche probabile che lo stesso incappi in difficoltà e vicissitudini ben più complicate di quelle che ci si aspetterebbe.
Il destino, dunque, di Mike e Sulley rispetto al loro corso di studi e alla futura carriera lavorativa nella Monsters&Co., è gestito più realisticamente di quanto non si possa credere, ed aumenta lo spessore di due dei charachters meglio riusciti del Cinema d'animazione degli ultimi quindici anni: un nato vincente bisognoso di stimoli per tirare fuori il meglio ed un loser fatto e finito in grado come nessun altro di trasformare chi gli sta intorno in un vero e proprio talento mai incompreso.
Un ottimo - ed educativo - punto di vista affinchè non ci si dimentichi mai che spesso una grande squadra è figlia ed opera di un grande allenatore.
E la Pixar, senza dubbio, lo è. Pur portando sulla sua panchina molteplici facce sempre nuove.


MrFord


"The color, the color, the color of your skin don't matter to me
as long as, as long as, long as we can live in harmony
I kinda, I kinda, I kinda, like to be the president
and I could, and I could, and I could show you how your money's spent."
Smash Mouth - "Why can't we be friends" - 


domenica 25 agosto 2013

United States of Tara - Stagione 3

Produzione: Showtime
Origine: USA
Anno: 2011
Episodi: 12




La trama (con parole mie): Tara e la sua famiglia, nonostante le difficoltà date dagli squilibri creati dagli alter ego della donna, paiono aver raggiunto un certo equilibrio. Mentre la stessa Tara, infatti, manifesta la volontà di tornare all'università studiando la psiche in modo da cercare di venire a capo della sua situazione, suo marito Max è deciso a riportare in vita la vecchia band dei tempi del liceo, la figlia maggiore Kate a trovare il suo posto nel mondo cominciando a viaggiare come hostess ed il minore, Marshall, continuando ad inseguire il sogno di diventare un regista.
Ma proprio quando le cose paiono cominciare ad andare per il verso giusto, una nuova personalità emerge dal lato più oscuro di Tara: si tratta dell'incarnazione del suo fratellastro Bryce, che abusò di lei quando erano ancora ragazzini.
L'arrivo dello scomodo personaggio darà il via ad una vera e propria guerra nella mente di Tara che coinvolgerà e sconvolgerà, come al solito, tutti i membri della famiglia.





Ricordo che, nel corso della visione della prima manciata di episodi di United States of Tara, non feci altro che sbellicarmi dalle risate ad ogni cambio di personalità registrato dall'insolita protagonista - la sempre bravissima Toni Colette -, di fatto considerando questa serie un esempio ottimamente riuscito di commedia alternativa in pieno stile Sundance, per dirla come se si trattasse di un film, illuminata dai dialoghi serrati della diabolica Diablo Cody.
Con il passare del tempo ed il progressivo ridursi della presenza della stessa sceneggiatrice - senza constatare un effettivo calo della qualità del prodotto -, però, le vicende di Tara e dei Gregson hanno assunto sempre più la connotazione della commedia nera a tratti mascherata da vero e proprio dramma, non più consumato soltanto all'interno della mente di questa donna dalle personalità multiple ma anche e soprattutto nella vita e nelle esistenze dei suoi cari, costretti loro malgrado a trovare un modo di interagire, dialogare, confrontarsi e scontrarsi con i vari Buck, Alice, T, Gimme e chi più ne ha, più ne metta.
Il risultato di questo crescendo drammatico è stato, soprattutto per quanto riguarda questa terza e conclusiva stagione della serie, spiazzante, tanto da necessitare di una manciata di episodi di ambientamento prima di riuscire a trovare la quadratura per un crescendo finale decisamente efficace cui è mancata, di fatto, soltanto una chiusura coinvolgente e tosta in modo tale da permettere a quest'ultima annata un salto deciso di qualità - qui in casa Ford è stato giustamente sollevato il dubbio, da parte di Julez, che non fosse prevista la chiusura della serie -.
Nonostante questo, comunque, il prodotto si è mantenuto su livelli più che discreti inserendo nel cocktail della psiche della sua protagonista una vera bomba ad orologeria come Bryce, alter ego completamente negativo, simbolo di un'adolescenza selvaggia e ribelle nella sua peggiore accezione - sono convinto che piacerebbe da impazzire al Cannibale - pronto a dare battaglia a tutti gli altri volti di Tara, completamente oscurati - nel bene e nel male - dallo stesso Bryce per tutta la seconda parte della stagione - e onestamente ho sentito molto la mancanza di quel vecchio tamarro redneck di Buck -.
Interessanti, inoltre, il rapporto tra la sorella di Tara, Charmaine, ed il padre di sua figlia Wheels - molto migliore dell'italiano Ruote -, il generoso e sempre presente Neil, le evoluzioni di Kate - passata dall'essere ragazza oggetto su internet a manifestare il desiderio di avere sue relazioni e suoi problemi da adulta - e di Marshall - che attraverso il Cinema cerca di venire a capo del mistero della sua famiglia e del rapporto tra i suoi genitori -, senza contare Max, solido compagno di Tara messo costantemente alla prova dai continui ribaltamenti di fronte offerti dagli "ospiti" della testa di sua moglie: l'assolo di chitarra liberatorio e malinconico che precede la partenza per Boston in chiusura di annata è uno dei momenti più toccanti di un personaggio dello stesso stampo del coach Taylor di Friday night lights, uno di quegli uomini all'antica e tutti d'un pezzo sempre intenti a non mostrare eventuali falle nelle loro armature di cavalieri pronti ad accorrere in aiuto di chi amano.
Sicuramente non saremo di fronte ad una delle pietre miliari assolute del piccolo schermo, eppure United States of Tara ha rappresentato, per gli occupanti del Saloon, un'ottima digressione indie nel mondo delle serie televisive, e doveste avere un pò di tempo da dedicare alle vicende di questa strampalata famiglia che gira attorno allo strampalato mondo della sua fragilissima eppure cazzuta matriarca sono sicuro che non ve ne pentireste.
Se non altro, avendo modo di conoscere un sacco di personaggi chiusi - più o meno adeguatamente - nella testa di uno soltanto.


MrFord


"All about that Personality Crisis
you got it while it was hot
but now frustration and heartache
is what you got."
New York Dolls - "Personality crisis" - 


sabato 24 agosto 2013

The call

Regia: Brad Anderson
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 94'




La trama (con parole mie): Jordan Turner, operatrice esperta del 911, una sera riceve la chiamata di un'adolescente rimasta sola in casa. La ragazza denuncia un'effrazione, e seguendo i consigli della stessa Jordan, riesce in un primo momento a sfuggire alla vista dell'intruso: quando, a causa di un eccesso di preoccupazione, le azioni di Jordan portano la giovane ad essere scoperta, rapita ed uccisa dall'individuo misterioso, la donna subisce un duro contraccolpo e per sei mesi decide di dedicarsi all'istruzione delle nuove leve senza più rispondere alle chiamate.
Quando Casey, praticamente coetanea della teenager uccisa, viene rapita in un centro commerciale e riesce a contattare il 911, Jordan si trova costretta a tornare in azione solo per scoprire che la persona che sta commettendo questo nuovo reato è la stessa colpevole del precedente omicidio.




A volte capita di concedersi una visione totalmente estiva e senza alcuna pretesa e di ritrovarsi piacevolmente sorpresi in positivo, colpiti da un lavoro sicuramente artigianale e certo non destinato a fare la Storia della settima arte eppure più che onesto nel portarsi a casa una pagnotta totalmente guadagnata sul campo: è il caso di The call, thriller veloce ed indolore dal ritmo decisamente serrato prodotto, tra gli altri, addirittura dei WWE Studios - costola della più grande federazione di wrestling del pianeta, praticamente una specie di seconda casa per il sottoscritto -, che di tanto in tanto finiscono anche per azzeccare una proposta interessante - considerata la qualità infima dei film normalmente distribuiti dagli stessi - relegando il consueto wrestler ad un ruolo marginale che gli impedisce, di fatto, di lasciare un segno troppo negativo sul risultato - in questo caso parliamo di David Otunga, midcarder senza pretese all'interno della federazione e charachter assolutamente ininfluente per lo sviluppo della vicenda narrata dalla pellicola -.
Il merito della discreta riuscita dell'impresa è da imputare senza dubbio anche alla scelta di un regista di qualità certamente superiore a quella dei mestieranti di serie b normalmente chiamati in queste situazioni dietro la macchina da presa: Brad Anderson, infatti, è un nome conosciuto anche da appassionati di Cinema di caratura più importante, e pur non essendo un riferimento assoluto negli ultimi anni ha saputo consegnare al grande schermo pellicole interessanti come L'uomo senza sonno o Session 9.
Se, all'uomo dietro la macchina da presa, si aggiunge uno script forse non esemplare ma comunque ben strutturato e soprattutto in grado di mantenere alta la tensione praticamente dall'inizio alla fine - mi ha ricordato, in questo senso, il tamarrissimo Speed, uno dei film simbolo dell'action anni novanta - ed una coppia di protagoniste in buona forma - Halle Berry, che pur non rientrando certo nel novero delle attrici di riferimento di Hollywood ed essendosi macchiata dello scempio che fu Catwoman si difende e soprattutto Abigail Breslin, la fu Olive Hoover di Little Miss Sunshine idolo fordiano imperituro qui alle prese con un ruolo che vorrebbe sdoganarla da ragazzina acqua e sapone per portarla verso una dimensione più in stile Jennifer Lawrence, per quanto, obiettivamente, tra le due corra parecchia differenza a partire dalla dimensione "artistica" data dall'effetto del vederle per volere di produzione in reggiseno o canotta - il risultato finisce per essere senza dubbio efficace, senza troppe pretese "alte" ed in grado di intrattenere e coinvolgere il pubblico assolutamente meglio di molti titoli sulla carta più blasonati usciti nel corso dell'estate.
L'idea del confronto a distanza e del triangolo tra il rapitore, la vittima e l'operatrice del 911, passato per gran parte del tempo attraverso un cellulare usa e getta ed il bagagliaio di una macchina è interessante, così come i tentativi messi in atto dalla cazzuta e battagliera teenager - su indicazioni della sua potenziale salvatrice all'altro capo del telefono - in modo da mettere in difficoltà il disturbatissimo omicida: unica vera pecca un finale decisamente troppo tagliato con l'accetta, in grado di minare perfino la buona idea dietro al concetto di Giustizia privata applicata dalle protagoniste una volta ribaltato il gioco di potere con il maniaco finendo, di fatto, per avere il coltello dalla parte del manico.
Probabilmente, con qualche minuto in più a disposizione ed una maggiore attenzione allo scioglimento della trama, The call, oltre che un piacevole intrattenimento, sarebbe potuto divenire perfino una delle sorprese più gradite di questi mesi estivi che, soprattutto in materia di thriller, hanno concesso davvero poco a noi poveri spettatori bisognosi di un pò di sana e vecchia tensione in grado di incollare alla poltrona.
Ma non lamentiamoci troppo: una sorpresa solo discreta è sempre meglio di una clamorosa delusione.


MrFord


"Call me (call me) on the line.
Call me, call me any anytime.
Call me (call me)I'll arrive.
When you're ready we can share the wine.
Call me."
Blondie - "Call me" -


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