martedì 30 ottobre 2012

On the road

Regia: Walter Salles
Origine: Brasile, USA, Francia, UK
Anno: 2012
Durata: 124'
 



La trama (con parole mie): il giovane scrittore Sal Paradise, nel pieno del fermento creativo nato dall'esigenza di emanciparsi in una nuova epoca dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, conosce  a New York lo spirito molto libero Dean Moriarty, un ragazzo abituato a vivere fuori dai contesti e dalle regole. Con lui inizia una serie di peregrinazioni che lo porteranno a scoprire vite e realtà in tutti gli States, avanti e indietro sulla strada, conoscendo o imparando a conoscere sempre nuovi compagni di viaggio, dalla fidanzata di Dean, Marylou, all'aspirante poeta Carlo, amico di Sal invaghitosi dello stesso Dean, passando per strani personaggi come Lee.
Gli anni passati a vagabondare porranno le basi per il romanzo che Sal attende da una vita di scrivere, vedranno nascere e morire amori ed amicizie, ma soprattutto formeranno i caratteri dei due giovani, destinati prima o poi a separarsi.





Personalmente, ho sempre avuto una certa simpatia per Walter Salles: più fotografo che regista, l'autore brasiliano ha sempre sopperito alla sua incompletezza mettendo cuore e genuinità in ogni lavoro, finendo per diventare una sorta di - pur se non imprescindibile - cantore del viaggio come filosofia di vita e di crescita.
Così, dopo il buon Central do Brasil ed il coinvolgente I diari della motocicletta, Salles torna sul grande schermo prendendo spunto da uno dei Classici della Letteratura più letti ed amati del secolo scorso, quell'On the road che lanciò il mito della Beat Generation e di Jack Kerouac.
Purtroppo, però, il vagabondo Walter pare aver perso per strada - neanche a dirlo - quello che rendeva i suoi "viaggi" - e quelli degli spettatori - così sentiti e speciali: la passione.
Perchè On the road è un film girato e fotografato molto bene, in cui tutti i pezzi sono al loro posto, dagli scenari al ricchissimo cast, che non sfigurerebbe a nessun Festival con quell'aria finto wild e alternativa che normalmente manda in brodo di giuggiole una buona fetta della critica - soprattutto giovane -, eppure pare una figurina senz'anima alcuna, due ore piene che scorrono esageratamente lente per essere, di fatto, la testimonianza di tutto il bello e l'improvvisato della vita alla giornata.
Più che il manifesto della zingarata, questo on the road pare il susseguirsi di episodi più o meno uguali all'interno dei quali cambiano soltanto i personaggi che di volta in volta interagiscono con i due protagonisti che tanti aspiranti ribelli finti alternativi sognano di diventare ovviamente grazie ai soldi di mamma e papà: probabilmente, se l'avessi visto una quindicina d'anni fa - e qualcosa in più -, sarei stato più indulgente, ma ora trovo davvero al limite della sopportabilità vedere lo sfoggio di un occhio sicuramente valido perso dietro una nostalgia canaglia per gli anni in cui ci si può sentire liberi di partire e fare un pò quello che si vuole a scapito di tutti se non di se stessi ed un'aura patinata di quelle che piacciono tanto ai salotti finti "contro".
Ammetto di non ricordare nulla del romanzo che rese noto Jack Kerouac, letto - e neppure per intero - ai tempi del liceo, ma direi che la recente esperienza di Cosmopolis - pur se in misura minore - è tornata a ripetersi e di certo non rimetterò mano alle pagine del profeta beat a meno che di colpo la mia libreria non finisca svuotata da un qualche intervento alieno: questo perchè la mia sempre più acuta radicalchicrepellenza porterebbe probabilmente una cascata di bottigliate sulla testa del vecchio Jack, e di conseguenza di Salles, andando a togliere anche quel poco che insisto per salvare di una visione che pare la versione sciapa della sorpresa in positivo - pur se non memorabile - che fu The rum diary qualche mese fa.
Un peccato, dunque, a ben vedere, che tutta l'irruenza piacevole e guascona che avvolgeva le imprese della Poderosa, del futuro Che e del suo fido Alberto Granado si sia persa nei volti scavati di un gruppo di ragazzi che pare viaggiare più per noia che per voglia di scoperta, finendo per apparire turisti invece che pirati, e riducendo quello che è uno dei grandi piaceri della vita ad una semplice corsa a tappe - in macchina - da scandire con erba, sesso ed un'improvvisazione che sa soltanto di coraggio latitante di fronte alla realtà di una crescita che, prima o poi, giunge per tutti.
E da questo punto di vista il finale, forse, riesce a ritagliare il momento migliore della pellicola, raccontando la separazione tra Sal e Dean quasi fosse una presa di coscienza di quello che accade quando, pur vagabondando, si affondano le proprie origini nella "buona società" e quando no.
Ovviamente, la mia simpatia va tutta a quella negazione da strada, certamente più egoistica ma sicuramente più coraggiosa.



MrFord



"On the road again,
just can't wait to get on the road again.
the life I love is making music with my friends
and I can't wait to get on the road again.
On the road again!"
Willie Nelson - "On the road again" -


 
 

32 commenti:

  1. Quindi, in sostanza, bello senz'anima, giusto?
    Stilisticamente ineccepibile, ma perde per strada ciò che serviva davvero al film, come hai detto tu la "zingarata". Ma è un po' il filone dei film di oggi (con le eccezioni ovviamente). Nel frattempo io mi riguardo "Amici Miei", lì di zingarate belle, e con tanta anima, ce ne sono a bizzeffe.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Più o meno direi di sì, Pesa.
      Come se non bastasse, oltre alla "zingarata" non pervenuta ci si annoia anche parecchio.

      Elimina
  2. fino ad ora l'ho evitato e leggendo da te credo che continuerò a farlo perchè odio questo genere di film belli ma vuoti...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bradipo, evitalo pure: anche perchè, come dicevo a Pesa, oltre che vuoto è anche parecchio noioso.

      Elimina
  3. adoro i diari della motocicletta, è uno dei miei film in preferiti e ho amato tantissimo anche il libro del Che: quello è il vero spirito on the road che mi fa respirare libertà.
    questo lo vedrò perchè si deve, ma non ho mai avuto grandi rapporti con la beat generation...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Alessia, anche io non mi sono mai strappato i capelli per la beat generation, e sicuramente sono più affine a I diari della motocicletta che a questa roba un pò fighetta.
      Poi mi saprai dire!

      Elimina
  4. La trasposizione cinematografica di un libro è quasi sempre penalizzante.
    Se poi l'opera ha raggiunto fama mondiale allora il flop è certo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tyler, io già non avevo ricordi particolarmente importanti del libro, figurati! :)

      Elimina
  5. On the road, letto oggi perderebbe significato anche se affrontato senza "radicalchic-repellenza"...teniamoci i (pochi o tanti) ricordi che la lettura ai tempi del liceo ci ha lasciato.
    Quando tu e Cannibal ne avete parlato con le nuove uscite, io, per tutta risposta, mi sono guardata Easy Rider, l'ultima vera pellicola on the road....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sorella, Easy rider tutta la vita, altro che questa roba da fighetti! :)

      Elimina
  6. la penseremo anche più o meno allo stesso modo su 'sto film del cacchio, però il mio post è più divertente ahahaha :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. .....e io me lo sono perso? :O
      Corro a leggereeeeeeeee

      Elimina
    2. Dici così soltanto perchè sei più bisognoso di attenzioni della Stewart, caro Kid! ;)

      Sorella, non avere troppa fretta! Ahahahaahah!

      Elimina
  7. MAh! Se siete già d'accordo tu ed il Cannibale ce lo guarderemo solo per la fotografia ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Direi di sì: quando un film - nel bene o nel male - mette d'accordo me e quello scellerato, allora - nel bene o nel male - si va sul sicuro! :)

      Elimina
  8. Anch'io stimo Salles come regista, ma come ho già scritto anche nella mia recensione, non credo che in questo caso abbia molte colpe per aver girato un film più inutile che brutto: il problema è a monte, è il libro di Kerouac che, letto oggi, per quanto 'mitico' è irrimediabilmente datato... descrive un mondo e una cultura che non ci sono più, ed il film, essendogli tutto sommato fedele, ne assorbe tutti i difetti. 'On the road' è un libro che è figlio del suo tempo, è una di quelle opere 'più importanti che belle', e lette oggi fuori contesto perdono tutta quella loro forza rivoluzionaria che era alla base del loro successo. Lo stesso dicorso va fatto anche per 'Easy rider': film epico, ma che secondo me è invecchiato malissimo...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Kelvin, su Easy rider ancora dissento, per quanto riguarda On the road sono perfettamente d'accordo: già il libro non era questo granchè, ed il film ne raccoglie in pieno i difetti. Una buona confezione e nulla più.

      Elimina
  9. un film che passa e che va, nulla più nulla meno.. quel che resta le tettine turgide della stewart ahah

    RispondiElimina
  10. Risposte
    1. Concordo in pieno sul film. La Stewart, invece, non è per nulla tra le mie preferite. La lascio volentieri al Cucciolo! ;)

      Elimina
    2. ti dirò io visto che si lascia mostra così acqua e sapone.. io non la butterei così facilmente... nn si sa mai in periodo di magra eheh

      Elimina
    3. Sai, Lorant, in periodo di magra va bene quasi tutto, però continuo a lasciarla davvero in fondo in fondo alla lista!

      Elimina
  11. Pur avendo il libro, che però non ho mai letto, e amando abbastanza i film on the road questo non mi attira per niente.
    Poi dopo la tua rece mi sa che passo alla grande.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fratello, secondo me puoi passare senza troppo sentirti in colpa. :)

      Elimina
  12. l'ho perso... e grazie a te questa perdita ha un'entità piccina picciò!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Più che grazie a me, grazie allo spessore scarsino del film! :)

      Elimina
  13. Zero appeal.
    Nemmeno le tette della steward riusciranno a convincermi. :)

    RispondiElimina
  14. il libro l'ho letto un po' di anni fa e non mi ha entusiasmata.
    in realtà l'ho letto solo perché volevo un gran bene a Fernanda Pivano.
    o mi danno un motivo di spessore Fernanda-equivalente o io passo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciri, passa pure. Non ti perdi assolutamente nulla.
      In caso riguardati I diari della motocicletta, così vai sul sicuro.

      Elimina
  15. tutto sommato non è manco malaccio... ma troppo insapore e stereotipato. La Beat generation [per fortuna] era tutt'altra cosa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tecnicamente non è male, ma è davvero poca roba.
      Pensa che quasi mi sono dimenticato di averlo visto! :)

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...