martedì 22 novembre 2011

Win win

Regia: Thomas McCarthy
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 106'




La trama (con parole mie): Mike Flaherty è un avvocato del New Jersey che trova la sua dimensione migliore come allenatore della squadra di wrestling scolastico locale.
Grazie ad un'involontaria dritta della sua segretaria, prende in custodia l'anziano Leo, parcheggiandolo in una casa di riposo e continuando ad intascarne l'assegno di mantenimento: quando scopre che il nipote dell'uomo è una giovane promessa della lotta in Ohio in rotta con la madre e la scuola decide di cogliere due piccioni con una fava aprendo le porte della sua casa al ragazzo in modo da far balzare in vetta alle classifiche la squadra.
Quando la madre del giovane Kyle, però, tornerà a reclamare padre e figlio - e l'assegno che accompagna il primo -, le cose per Mike si complicheranno.
Anche perchè, nel frattempo, l'uomo si scoprirà profondamente legato a questa sua nuova famiglia allargata.



Devo ammettere che l'atmosfera dolceamara venata di quell'autorialità non fastidiosa tipica delle migliori proposte in stile Sundance mi mancava, e non poco.
Thomas McCarthy, uno dei registi più promettenti di questa sorta di corrente che mi sia capitato di incontrare, da spettatore, negli ultimi anni, era già stato protagonista della piacevolissima sorpresa che fu The station agent: preceduto da una serie di buone recensioni online - e dai riscontri della critica statunitense - Win win sarebbe stato, in qualche modo, l'ago della bilancia rispetto all'opinione del sottoscritto in merito al lavoro dell'autore nativo del New Jersey, tendenzialmente portandolo da una parte o dall'altra della grande linea di demarcazione delle bottigliate "d'autore".
Fortunatamente, lo spirito che aveva reso la sua opera prima così interessante nel corso degli anni pare essersi sviluppato ulteriormente, tanto da farmi vacillare fino all'ultimo se appioppare a quest'ultimo lungometraggio del buon Thomas i famigerati tre whisky che l'avrebbero portato, inevitabilmente, allo status di cult fordiano a tutti gli effetti.
Nonostante alla fine abbia optato per un voto più misurato, devo ammettere che la storia di Mike e soprattutto del giovane Kyle è riuscita a fare pienamente breccia nel mio cuore, arrivando ad emozionarmi - parlando di un film in qualche modo simile, seppur di matrice decisamente borderline rispetto a questa piccola vicenda da provincia tutto sommato borghese - quanto e più di The fighter, collocandosi tra le epopee sportive più coinvolgenti che mi sia capitato di incontrare sul grande schermo negli ultimi anni.
Ma andando oltre il mero aspetto "pratico" del film, e dei suoi risvolti da commedia alternativa - tutti poggiati sulle spalle di un Bobby Cannavale che ho trovato in buona forma -, il punto di forza indubbio di questa storia sta tutto nella clamorosa figura di Kyle, giovane protagonista che, se non fosse per un piglio un pò troppo deciso anche a fronte delle difficoltà in famiglia, sarebbe stato da dio anche in una pellicola di Van Sant.
Inoltre, la grande sincerità con la quale McCarthy approccia allo script e ai personaggi risulta a tratti disarmante, tanto da scomodare paragoni importanti come quelli legati a Six feet under, ancora oggi a mio avviso uno dei migliori ritratti di famiglia mai portati su piccolo o grande schermo: l'umanità di Mike e della sua famiglia, di Kyle, di Terry, Vig e Stemler - una delle spalle più efficaci dei miei ultimi mesi di visioni - e di Leo - un sempre grande Burt Young, che nessun fan della saga di Rocky può non riconoscere come una sorta di nonno - arricchiscono una vicenda che mostra senza vergogna tutti i limiti, gli egoismi e i difetti di cui tutti siamo, in un modo o nell'altro, portatori sani - chi più, e chi meno -.
Lo stesso ruolo nella vicenda della madre di Kyle, che potrebbe apparire come quello dell'antagonista negativo, stimola in realtà molte riflessioni che vanno ben oltre i (pre)giudizi sul suo conto: i protagonisti delle pellicole di McCarthy, in fondo, sono uomini e donne comuni, come potrebbe essere il nostro vicino, un nostro amico o parente, perfino noi stessi.
Certo ci sarà chi giudicherà questo film - prossimamente in uscita nel Bel Paese con il titolo Mosse vincenti - come l'ennesimo sport movie dall'impianto classico portatore di buoni sentimenti, o lo bollerà come l'ennesima ammereganata: il mio consiglio è di evitare di cadere in questo facile pregiudizio, e gustarvi dall'inizio alla fine una storia sincera e sentita, che non sarà perfetta, ma di certo guarda lo spettatore dritto negli occhi, e come un vero amico, si farà trovare pronto a rifilare una pacca sulla spalla così come un sonoro diretto sui denti.

MrFord

"Why, you wanna tell me how to live my life?
Who, are you to tell me if it's black or white?
Mama, can you hear me? Try to understand.
Is innocence the difference between a boy and a man.
My daddy lived the lie, it's just the price that he paid.
Sacrificed his life, just slavin' away."
Bon Jovi - "Have a nice day" -

6 commenti:

  1. non sembra male.
    finora l'avevo però evitato vista la fordianissima tematica del wrestling ahaha :)

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  2. Cannibale, potrebbe piacerti, invece.
    Ribellione, pieno stile Sundance. Il wrestling - che poi è quello classico, stile lotta grecoromana - è solo un contorno.
    Recuperalo!

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  3. Potevano metterci un po' di fantasia in più nella locandina, è similissima a quella di un altro di McCarthy: http://mr.comingsoon.it/imgdb/locandine/big/47170.jpg

    :)

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  4. Eraser, hai ragione.
    Almeno il film merita.
    E anche l'altro, che posterò domani! :)

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  5. Devo recuperarlo assolutamente, mi ispira parecchio. Devo comprare una chiavetta da 15000 GB, così appena vengo da te mi passi tutto!!!!

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  6. Dembo, questo merita: un film onesto e pane e salame come piace a noi.
    Appena passi da me con il chiavettone ti sparo dentro tutti i film che ho postato ultimamente!

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