giovedì 4 novembre 2010

Rocky III

Con il terzo capitolo della saga del nostro pugile preferito occorre cominciare un discorso "a bivi" che ci accompagnerà fino al quinto film.
Perchè non posso parlare in un modo, o nell'altro, senza rischiare un colpo basso, sia esso verso il Cinema o verso il cuore.
Versione Cinema: Rocky III è un film deboluccio, giocato principalmente sulla sensazionale canzone traino della pellicola e sul nuovo volto dello Stallone italiano, ormai ricco, famoso, improvvisamente intelligente e sulla cresta dell'onda come campione mondiale dei pesi massimi. 
Si ribaltano i ruoli con l'ex rivale Apollo, compare un nuovo avversario dalla forza terribile ma dal carisma quasi nullo - nonostante il successo nell'A-Team - protagonista, a tutti gli effetti, dei due incontri peggiori - per intensità e regia - dell'intera saga, si perde il primo, grande comprimario della compagnia Balboa. 
Eppure, a conti fatti, siamo di fronte al più commerciale e meno interessante dei primi tre Rocky.
Versione cuore: Rocky III, con tutte le sue debolezze, le sue facilonerie e strizzate d'occhio, è uno spasso da vedere e rivedere. 
Clubber Lang/Mr. T è perfetto nel ruolo del pugile afroamericano proveniente dalla strada che porta sul ring la rabbia di chi ancora non ha avuto la possibilità che il bianco Rocky, idolo delle folle, ha avuto.
Si assiste alla prima, vera, cocente sconfitta del nostro protagonista, ad un incontro con l'idolo del wrestling anni ottanta Hulk Hogan - che fa sembrare Stallone davvero piccolo piccolo - e alla morte di Mickey, da me amatissimo, in una sequenza che, allora, sconvolse il mio immaginario di bambino, facendomi pensare, in qualche modo, al momento in cui avrei perso mio nonno.
E poi si assiste al ritorno in grande stile di Apollo, con tutta la sua boxe danzata da ghetto di L.A. che rimanda per leggerezza e classe all'immenso Alì, portando Rocky ad una riscossa che ha tutti i colori di una cultura che entra prepotentemente a far parte della vita, del bagaglio e dei colori della controparte cinematografica di Stallone.
Tutto citando appena il consueto confronto con Adriana capace di ridare vigore al protagonista prima della carrellata sull'allenamento decisivo e sull'ovvio trionfo finale.
Già visto? Già sentito?
Forse.
Ma è impossibile, proprio impossibile, dimenticare gli occhi della tigre.
Potrei anche esagerare, ma credo che "Eye of the tiger" sia indiscutibilmente uno dei cinque pezzi fondamentali della Storia delle colonne sonore.
E sono ganci sinistri per tutti, se provate ad affermare il contrario.


MrFord


"It's the eye of the tiger 
it's the thrill of the fight
risin' up to the challenge of our rival."
Survivor - "Eye of the tiger" -

5 commenti:

  1. La terribile morte di Mickey è pari solo al racconto di Bomber di quando gli spaccavano le mani..
    Pianti infiniti dentro la cesta del bucato, ancora nella casa vecchia di S.Mauro...

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  2. Concordo sul "Eye of the tiger sia indiscutibilmente uno dei cinque pezzi fondamentali della Storia delle colonne sonore".
    Canzone mitica ed immortale.
    La parte degli allenamenti nelle palestre del ghetto è sublime così come il finale del film con lo "scontro" tra Rocky e Apollo.
    "Ding, ding!"

    La morte di Mickey ogni volta mi turba profondamente.

    @Julez: Standing ovation per la citazione di Bomber.
    Non si spezzano le mani hai pugili, no no.

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  3. Dio bello ho scritto ai pugili con l'h!!!!!

    Tsè, l'ignoranza.

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  4. Julez: ah, Bomber! Quanti bei ricordi! Anche a me faceva star male il momento delle mani spezzate!

    Dembo: l'ignoranza è l'anticamera del sapere, fratello. E poi, parliamoci chiaro, chi non lo è? Ci vuole, altrimenti non avremmo mai voglia di imparare, no!?
    La prossima volta che andiamo dall'indiano petroliere ti voglio vedere con gli occhi della tigre.

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  5. Le tue parole mi commuovono.

    Proverò a fare gli occhi della tigre con il petroliere, ma non so se funzionerà...
    Quell'indiano è un pazzo furioso.

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